Riccardo Brun, scrittore, sceneggiatore, influencer

Potremmo definire Riccardo Brun un “influencer”, per le sue pagine nel noir l’Assedio, dove immagina l’incendio di Città della Scienza, uno dei simboli della Napoli che può, che desidera, che emerge. Fatto realmente accaduto. “Penso proprio di non aver ‘influenzato’ nessuno, anche perché il mio libro è stato scritto prima, ma pubblicato dopo i fatti di Città della Scienza – chiarisce -. Si tratta solo di una tragica coincidenza, o comunque di quella capacità, quasi sciamanica, che la letteratura a volte ha di leggere le cose della vita, e interpretare gli eventi con qualche anticipo”. Brun è uno scrittore e sceneggiatore partenopeo, ora anche campione di incassi grazie al film Zeta, la prima pellicola sul hip hop italiano, diretto da Cosimo Alemà, nel cast tra gli altri anche J-Ax, Clementino, Tormento, Rocco Hunt. Riccardo è sposato con Claudia, architetto. Due anni fa, per il loro matrimonio hanno scelto un evento etico, elegante e in parte a tema. Sul mare, al tramonto, le bomboniere di Emergency. Grande attenzione alla qualità del menù. E gli amici di lui vestiti con le magliette dei supereroi della Marvel, da Wolverine a Tempesta.

Cos’è per lei l’amore? Ne ha descritto una parte insieme a Vanja e Maila, nella Città di sotto, un romanzo sulla vita di due ragazzini che imparano ad amarsi in un contesto di guerra e desolazione.

L’amore è quella cosa che arriva a un certo punto e ti fa desiderare tutto ciò che non avevi mai preso in considerazione. Ti disinnesca e ti placa la rabbia. È una sfida, un percorso, un viaggio, un’evoluzione, una scoperta, un mistero. L’amore, a volte, per certe persone, è quella cosa che ti salva la vita.

Con Zeta, ci racconta una generazione che parla attraverso artisti e musicisti “del ghetto”. Qual è la loro e la sua opinione sull’argomento lusso? Siamo abituati ad associare alla musica rap, le immagini di afro-americani in auto da urlo, abiti firmati, ingioiellati all’inverosimile.

Riccardo Brun sceneggiatore di Zeta il film - locandina
Riccardo Brun sceneggiatore di Zeta il film – locandina

Certamente una delle leve che fa desiderare il successo è legata ai soldi e all’esibizione dei soldi, attraverso gli oggetti. Un’attitudine maggiore in chi proviene da ambienti in cui manca tutto. Quella esibizione, sfrontata e volgare di lusso, è come se dimostrasse plasticamente agli altri che ce l’hai fatta. Definisce uno status. Negli U.S.A è anche molto comune un percorso che lega criminalità e rap, dove la musica è stata spesso il mezzo per emanciparsi dalla vita di strada e dalla violenza. Da noi la situazione è leggermente diversa, anche l’ostentazione del lusso è molto minore. Ho conosciuto i rapper italiani lavorando al film Zeta. La sensazione che ne ho ricavato è che questi ragazzi siano i nuovi cantautori. Persone quasi sempre più orientate a una ricerca interiore, che a quella esteriore. Per quanto riguarda me, non ho particolari opinioni sull’argomento lusso: uso sempre gli stessi vestiti e giro con una vecchia Opel scassata, quindi….

È molto attento al sociale, a un’umanità che conosce il disagio, soprattutto ai minori che cedono il passo alla sconfitta. Li ha conosciuti bene grazie al libro Fuori: racconti per ragazzi che escono da Nisida. Quali sono i loro sogni? Le hanno mai parlato di matrimonio, famiglia…

I ragazzini dei quartieri difficili di Napoli hanno gli stessi sogni di tutti gli altri coetanei. Solo che, come in tante altre grandi città del mondo, in alcuni quartieri la vita di strada prende velocemente il sopravvento. Gli è sottratta la possibilità di scegliere e di immaginare il loro futuro. I sogni sono un lusso e la vita è solo quella che vedi ogni giorno per strada: una lotta per la sopravvivenza, infarcita di falsi miti e ambizioni, che non corrispondono ai loro desideri profondi. È quello che hanno imparato a desiderare, osservando il contesto che hanno intorno, nutrendosene. Sogni, desideri e futuro gli vengono rubati poco a poco, mentre si rendono conto che quello che tocca ad altri coetanei a loro non toccherà mai. E allora decidono di prenderselo. Senza però sapere nemmeno cos’è. Vogliono tutto, senza desiderare nulla. In questo scarto fra desideri e ambizioni, consapevolezza e istinto, cittadinanza e diritti negati, abita una violenza esplosiva che prende qualunque sentiero la lasci defluire. È una violenza che ammala loro stessi, prima ancora di ammorbare la città. Sono vite che quando prendono la via sbagliata, al capolinea, trovano solo la morte o la galera. Uno dei doveri di chi ha a cuore le sorti dei figli di Napoli – quindi il futuro, proprio e degli altri – è restituire loro la possibilità di scegliere, la possibilità di sognare e crescere, seguendo le loro vere inclinazioni. Come si fa questa cosa così difficile? Con più lavoro, più scuola, più educazione, più attenzione, più Stato. Si fa seriamente, insomma, e non con le chiacchiere pelose da campagna elettorale

Cosimo Alema e Riccardo Brun - presentazione La Santa
Cosimo Alema e Riccardo Brun – presentazione La Santa

In quanti suoi scritti ha parlato di matrimonio?

Adesso non ricordo onestamente in quali e quanti. È più probabile che abbia raccontato qualche divorzio. Nella costruzione delle storie sono più interessato ai momenti in cui tutto crolla, rispetto a quelli in cui si edifica. I momenti di frattura sono solitamente più interessanti, estremizzano i caratteri, fanno emergere dinamiche sepolte, si prestano meglio a innescare una storia. Le separazioni rimescolano gli elementi di una narrazione, aprono vie imprevedibili. Mi piace raccontare la rabbia, non la quiete.

Qual è il suo film preferito sul matrimonio?

Il primo film che mi viene in mente, fra quelli che parlano di matrimonio e che mi son piaciuti, è 4 matrimoni e un funerale, commedia romantica inglese di Mike Newell, scritta da Richard Curtis, con Hugh Grant e Andie Mc Dowell. È un film a cui sono legato come spettatore ma anche come sceneggiatore, perché l’ho studiato a lungo, dato che lo considero scritto particolarmente bene.

E la sua favola preferita?

Il Piccolo Principe. Un’educazione sentimentale. Una sorta di inno all’amicizia, all’amore, all’immaginazione, al sogno.

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